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LA “SCHINDLER’LIST” DI FIUGGI 1943: GLI EBREI RIFUGIATI A FIUGGI FORTUNATAMENTE SCAMPATI ALL’OLOCAUSTO

Il film “Schindler list”- La lista di Schindler - del regista Spielberg, vincitore di sette Oscar e che ha commosso le platee di mezzo Mondo, raccontando per mezzo di una finzione scenica, avvenimenti realmente accaduti, mi ha fatto ritornare alla mente episodi altrettanto eroici e umanitari, ma finora non divulgati, accaduti nella nostra città.
Fiuggi 1943. Anno funesto per l’Italia: sconfitta in terra d’Africa, sbarco degli alleati in Sicilia e nel meridione, Caduta del fascismo, armistizio dell’8 settembre, fuga del Re, divisione dell’Italia in due, da Cassino alla Sicilia occupazione alleata, con governo fascista a Salò per l’Italia settentrionale e centrale. Questo era il drammatico quadro dell’Italia in quell’anno.
Fiuggi, naturalmente, riproduceva esattamente la situazione nazionale con tutte le conseguenze morali e materiali.
La fame era la preoccupazione più assillante e come più volte ripetuto la gente escogitava le più stravaganti trovate per rimediare un minimo di fabbisogno calorico ed energetico per continuare a vivere, anzi a sopravvivere.
La fortuna della nostra città fu il trasferimento da Frosinone, della sede politica ed amministrativa della Provincia con tutti gli uffici e la creazione della città ospedaliera con l’adattamento dei nostri alberghi in ospedali.
Su tutti gli alberghi requisiti e trasformati in ospedali, campeggiavano sui tetti, a caratteri cubitali Croci Bianche per far localizzare visivamente agli aeroplani nemici l’esistenza di ospedali, che, per trattati internazionali, non potevano essere bombardati.
Queste favorevoli circostanze nella disastrosa congiuntura bellica, attenuarono le sofferenze dei residenti, per cui Fiuggi, in quel periodo fu la meta ambita di profughi, fuggiaschi, disertori, sbandati, antifascisti ed ebrei sfuggiti ai rastrellamenti ed alle deportazioni tedesche.
Per poter sfuggire alla deportazione nei lager di sterminio, gli ebrei che lo potettero, lasciarono le grandi città e Roma in particolare.
Molti di questi raggiunsero la nostra città trovando riparo e protezione alcuni, prima nell’ex albergo Littoria, situato allora nell’attuale Villa Gaia in Via Vecchia Fiuggi, gestita, guarda caso, dal fascista COSTANTINO AMBROSI. E’ proprio vero il detto: ”Italiani brava gente”. Altri nelle case private nella località “Monticiglio”a S.Rocco di proprietà di FIORINI MARCELLO e D’AMICO M. LUISA, POMPONI VIRGINIA e QUIRINO CAZIANO.
I nomi dei rifugiati, erano, tra quelli che ricordo: SABATELLO SETTIMIO e signora LETIZIA, SABATELLO CESARE, DI VEROLI LELLO, PIPERNO MARCO detto Papone e signora ROSINA – già titolare fino a qualche anno fa – del negozio di calzature in Via Po di Roma, con i due figli VITTORIO attualmente in Israele ed ELVY, titolare del negozio di abbigliamento Puer di Via Nazionale a Roma, le famiglie SONNINO detto Capitano, signora e figli, GIORGIO, FRANCO e CESARE.
Quei nomi e quei volti intrisi di tristezza e quegli occhi colmi di terrore, ancora li ho dentro la memoria quale monito contro ogni umana efferatezza nei confronti di nostri simili.
Si! Ricordo limpidamente il volto di una bimba di 7/8 anni di nome Elvy che non lasciava mai la mano dì suo fratello Vittorio, un poco più grande di lei e che voleva giocare con un coniglietto rinchiuso in una gabbia perché crescesse e diventasse alimento prezioso.
Dopo l’8 settembre 1943, come già scritto, anche a Fiuggi frequenti erano i rastrellamenti delle SS. germaniche per cui inevitabili erano le fughe di noi giovinetti, verso la campagna circostante e spesso, anche io, con altri amici, correvano verso “iu Monticiglio” che allora si raggiungeva solo a piedi attraverso stretti e ghiaiosi sentieri.
Il rifugio preferito era la stalla di mia zia Maria Luisa dove ci incontravamo con le famiglie degli ebrei.
Questi fortuiti e frequenti incontri rappresentarono pertanto motivo di instaurazione di un’amicizia basata sulla solidarietà umana per una protezione spontanea e disinteressata verso persone deboli e perseguitate.
Ricordo anche quando le famiglie: Di Veroli, Piperno, Sonnino, rifugiati presso l’Albergo Littoria, dovettero fuggire nottetempo perché un ufficiale tedesco, il cui comando allora era installato presso l’Albergo Universo, aveva perso un portasigarette d’argento e lo andava ritrovando fin verso l’Albergo Littoria.
Le famiglie ebree, impaurite dalla presenza dell’Ufficiale tedesco, in tutta fretta e furia si trasferirono, attraversando il greto dei fossi del Diluvio e di S. Rocco, nelle abitazioni de gliu Monticiglio.Spesso queste famiglie, appartenenti alla borghesia romana, con un elevato tenore di vita, dovettero, anche per sfuggire ad eventuali sorprese di rastrellamenti tedeschi, portarsi in aperta campagna per attendere a lavori agricoli ai quali non erano abituati ma che rappresentavano motivo di maggior sicurezza.
Il periodo più drammatico della forzata segregazione di queste famiglie ebraiche fu quello tra il 31 marzo ed il 4 aprile del 1944 allorquando il Comando tedesco di stanza a Fiuggi ordinò una perlustrazione con perquisizione in molte abitazioni espandendo il raggio d’azione anche alla campagna circostante.
Fortuna volle che dell’operazione ne fosse investito anche il locale Commissariato di P. S., allora comandato dal maresciallo BAZZOFFI che tutto era, fuorché filotedesco, anzi era legato da sinceri rapporti patriottici con l’allora movimento clandestino di Resistenza operante a Fiuggi, comandato dal defunto Prof. RAFFAELE CONTI.
Lo stesso maresciallo BAZZOFFI, onde permettermi di operare liberamente a favore della causa umanitaria di protezione verso gli ebrei, mi fece rilasciare dal Comando tedesco, il lasciapassare qui riprodotto, con il quale venivo qualificato un taglialegna alle dipendenze della Ditta D’AGOSTINO operante nei boschi tra Fiuggi e gli Altipiani di Arcinazzo.
Mio padre, non so come, venne a conoscenza dell’operazione proprio la sera del 30 marzo 1944, immediatamente mi incaricò di correre a gliu Monticiglio e dare l’allarme.
Detto fatto. Subitamente, senza frapporre indugi, la numerosa “comitiva”di rifugiati con qualche coperta sulle spalle, dovette sloggiare dai caldi nascondigli e trasferirsi in alcune stalle-capanne in località Iu Puzzo e Colle della Maìna situate oltre la Fornace.
Proprio durante la notte del 2 aprile le abitazioni de gliu Monticiglio furono visitate da soldati tedeschi e camice nere fasciste, naturalmente con esito negativo.
Solamente dopo una decina di giorni i tremebondi fuggiaschi fecero ritorno nelle più accoglienti mura delle ospitali case fiuggine.
Lunghi furono i giorni dell’attesa. Fino al 4 giugno 1944 fu un susseguirsi di paure, ansie, speranze e terrore che minarono la resistenza psichica di questi poveri rifugiati o, meglio, sepolti vivi. Unico conforto era lo scambio di sentimenti di solidarietà da parte dei fiuggini che certamente non lesinarono mai.
All’arrivo degli alleati, il 4 giugno del 1944, i rifugiati, finalmente esplosero di gioia ed un empito di pianto irrefrenabile riempì di lacrime i loro volti emaciati e tristi.
Qualche giorno dopo, in parte a piedi, ed in parte con un carretto trainato da un cavallo, con le loro misere e poche robe, le famiglie SHUMACH e SABATELLO lasciarono le ospitali dimore de gliu Monticiglio e di S. Rocco, diretti alla stazione di Anagni, ove una o due volte a giorno, transitava una locomotiva a vapore con alcuni carri a rimorchio. Io mi aggregai alla comitiva dei partenti anche per salutare per l’ultima volta, gli amici ebrei, con i quali, nonostante tutto, avevamo trascorso, anche se con tanta paura, una stagione della nostra vita. Per l’ultima volta salutai la testolina bionda e ricciolina di Elvy che mi rispose da sopra un vagone con lo sventolìo di un fazzoletto.
Quel fazzoletto bianco, simbolicamente, ancora oggi sventola e lancia dietro la vaporiera del tempo la fatidica parola “SHALON”.